Assaggiando qui e lì birre di Paesi dalla lunga tradizione brassicole (Belgio, UK ecc...) di solito ci si aspetta qualcosa che già si conosce, di tradizionale, o se si tratta di birrifici nuovi ci si trova di fronte a nuove interpretazioni di stili ormai internazionali. Probabilmente anche appassionati stranieri si aspettano questo assaggiando qualche birra italiana.
Il punto è che il giudizio finale della scena di quel Paese può essere tutt'altro che scontato, a seconda che si becchino birrifici di punta o altri marginali o meno rappresentativi della qualità media nazionale.
E' questo il quesito che mi frulla in testa dopo aver trascorso la serata di ieri in compagnia di birre polacche molto gentilmente portatemi dal mio amico Leo. Tra queste anche qualche birra ad alta fermentazione non pastorizzata ed ancor più meritevole, quindi, di assaggi.
La Polonia è nel mezzo tra un passato birrariamente florido ed un recente passato monopolizzato dalle multinazionali delle lager, ed oggi cerca di perfezionare quel poco di tradizione birraria non rinunciando a prendere spunto da quello che avviene nell'Europa più viva.
Leo non è riuscito a reperire alcuna birra del mitico stile Grätzer, ormai saltato nell'olimpo degli stili perduti dato che in Polonia sono timidissimi ancora i tentativi di resuscitarlo, come invece avviene in USA ed in qualche fantasioso birrificio europeo.
Come in altre zone dell'est europeo, anche in Polonia i "colori" dichiarati in etichetta coincidono con gli stili a cui i consumatori sono abituati. Ma è un concetto che va ben oltre il nostro "bionda, rossa, nera" e lo dimostra il fatto che ormai dappertutto nel mondo si parla di "stout" come riferimento per birre scure, "pale ale" per quelle chiare mentre non è stato fatto un discorso analogo per le tradizioni birrarie slave ed i loro stili autoctoni, fatta eccezione forse per quelle della scena ceca. con le varie "svetle", "cerne" e "tmave".
Le birre che ho passato in rassegna sono ben 7. Procederò anche abbastanza velocemente, anche perchè (ahimè) su alcune il giudizio sarà secco.
Le prime tre birre sono quelle del birrificio Kompania Pivovarska (parte del colosso SABMiller) che a sua volta produce l'amatissima Tyskie, ma nello specifico sono le tre birre che definiscono una linea "di nicchia" che si chiama Ksiazece. Diciamo che probabilmente, con le dovute proporzioni, mi sembra qualcosa di simile alla situazione della Moretti Gran Cru in Italia.
La prima è la Zlote Pszeniczne, che siginifica "golden wheat". In realtà colpisce subito la sua altissima torbidità. La sciuma non è affatto male, ed al naso salgono subito dei sentori fortemente speziati. Diciamo che il tentativo di richiamare una blanche sembra abbastanza riuscito (anche se molto lontana dalle migliori interpretazioni) e la birra si fa bere. abbastanza facilmente con 4,9%alc.
Nel retroetichetta riesco anche a tradurre qualcosa tipo "ricetta tradizionale belga"...almeno ho un riferimento ed un minimo riscontro.
La seconda è la Czerwony Lager, una "amber lager" da 4,9%.
Schiuma abbastanza bella ma poco persistente. Aroma alquanto anonimo nonostante non abbia affatto un brutto gusto.
Paga semplicemente di basso corpo e malto poco in evidenza, per cui mi è scivolata via senza infamia e senza lode.
La terza birra è stata la Ciemne Lagodne, vale a dire "dark mild". Mild come peso dell'alcol, non come richiamo alle mild inglesi, essendo anche questa a bassa fermentazione.
Presenta una schiuma molto bella color avorio, anche abbastanza persistente. In bocca qualche tostato subito ma anche un amaro più astringente. Non è un esempio di quelle che sono nell'area est-europea le baltic porter, sia per il tenore alcolico basso e la sua bassa presenza, sia per il carattere decisamente meno impegnativo.
Lasciando questo trittico in cui, paradossalmente, l'unica di ispirazione non polacca meritava un po' di più, ci concediamo altri assaggi.
Questa è una birra ucraina ed è la Premium di 5%alc. del birrificio Obolon.
Difficile descriverla perchè al naso arriva una nauseante impronta di zolfo e cartone bagnato (probabilmente da light struck, dato che la bottiglia è verde e trasparente). Leggo tra gli ingredienti anche il riso, giustificato con "In addition to traditional ingredients, rice is used in the production" come a volerne fare un valore aggiunto. La torbidità è molto spiccata, non ne capisco il motivo ma dopo averla assaggiata non mi interessa neppure.
Torniamo alle birre polacche e a quelle del micro birrificio Browar Amber, nella regione della Pomerania ovvero nei dintorni di Danzica, mar baltico. Ahimè non abbiamo la loro baltic porter, ma altre due birre.
La prima è la Zywe, che significa "vivo". Si tratta, quindi, di una birra non pastorizzata e non filtrata.
Fosse anche buona, sarebbe una grazia. Anche qui forti gli off-flavour di zolfo, che sommati ad una carbonazione anche bella alta, ne fanno una birra davvero imbevibile. Lo stile è quello di una strong lager con i 6,2%alc. ma più di metà bicchiere finisce nel lavandino. Con tutto il bene che posso volere alle birre e a chi me le ha portate da luoghi lontani, non ce la posso fare.
Anche se è quella dall'etichetta più carina e curata. Peccato.
Ancora del birrificio Amber ci sono due birre. Entrambe bock che differiscono di circa un grado in merito all'alcol e che dovrebbero essere una versione base ed una speciale della stessa birra.
Partiamo dalla prima, chiamata semplicemente Kozlak che fa 6,6%alc. Una birra dal gusto pieno e maltato, molto caramellosa ma poi più secca nel finale. Robusta ed equilibrata, con pochi spigoli ad infastidire.
Non è la miglior dunkel bock assaggiata, ma non si difende male tra le birre della serata.
La seconda la stappo l'indomani ed è sempre la Kozlak Classic, una versione da 7,8%alc. che strizza l'occhio più ad una doppelbock. In effetti così è anche nel bicchiere.
La caratteristica al naso più evidente è una certa nota quasi chimica, vicina ad odori di nocciole tostate ma meno gradevole. Naso non pulitissima e nota che si ritrova anche nel gusto, una volta assimilato il dolce caramello del corpo e del carattere.
Tutto sommato una birra che si impone ma che si trascina dietro queste stonature rustiche non meglio decifrate.
Il giudizio sulla serata è sufficiente, e tornando al discorso fatto in partenza non me la sento di condannare la scena polacca, sicuramente non confrontabile con la nostra. Qualcosina si smuove anche lì, comunque, complici vecchi brand industriali (vedi sopra) che vigili del mercato mondiale io credo non vogliano commettere l'errore di farsi sorprendere da una eventuale rinascita birraria, che comunque parte col basso profilo.
Ma che faccia avrebbe fatto un polacco se avesse bevuto la lager Tal dei Tali del nuovissimo birrificio italiano Vattelappesca?
Cheers!
Il punto è che il giudizio finale della scena di quel Paese può essere tutt'altro che scontato, a seconda che si becchino birrifici di punta o altri marginali o meno rappresentativi della qualità media nazionale.
E' questo il quesito che mi frulla in testa dopo aver trascorso la serata di ieri in compagnia di birre polacche molto gentilmente portatemi dal mio amico Leo. Tra queste anche qualche birra ad alta fermentazione non pastorizzata ed ancor più meritevole, quindi, di assaggi.
La Polonia è nel mezzo tra un passato birrariamente florido ed un recente passato monopolizzato dalle multinazionali delle lager, ed oggi cerca di perfezionare quel poco di tradizione birraria non rinunciando a prendere spunto da quello che avviene nell'Europa più viva.
Leo non è riuscito a reperire alcuna birra del mitico stile Grätzer, ormai saltato nell'olimpo degli stili perduti dato che in Polonia sono timidissimi ancora i tentativi di resuscitarlo, come invece avviene in USA ed in qualche fantasioso birrificio europeo.
Come in altre zone dell'est europeo, anche in Polonia i "colori" dichiarati in etichetta coincidono con gli stili a cui i consumatori sono abituati. Ma è un concetto che va ben oltre il nostro "bionda, rossa, nera" e lo dimostra il fatto che ormai dappertutto nel mondo si parla di "stout" come riferimento per birre scure, "pale ale" per quelle chiare mentre non è stato fatto un discorso analogo per le tradizioni birrarie slave ed i loro stili autoctoni, fatta eccezione forse per quelle della scena ceca. con le varie "svetle", "cerne" e "tmave".
Le birre che ho passato in rassegna sono ben 7. Procederò anche abbastanza velocemente, anche perchè (ahimè) su alcune il giudizio sarà secco.
Le prime tre birre sono quelle del birrificio Kompania Pivovarska (parte del colosso SABMiller) che a sua volta produce l'amatissima Tyskie, ma nello specifico sono le tre birre che definiscono una linea "di nicchia" che si chiama Ksiazece. Diciamo che probabilmente, con le dovute proporzioni, mi sembra qualcosa di simile alla situazione della Moretti Gran Cru in Italia.
La prima è la Zlote Pszeniczne, che siginifica "golden wheat". In realtà colpisce subito la sua altissima torbidità. La sciuma non è affatto male, ed al naso salgono subito dei sentori fortemente speziati. Diciamo che il tentativo di richiamare una blanche sembra abbastanza riuscito (anche se molto lontana dalle migliori interpretazioni) e la birra si fa bere. abbastanza facilmente con 4,9%alc.
Nel retroetichetta riesco anche a tradurre qualcosa tipo "ricetta tradizionale belga"...almeno ho un riferimento ed un minimo riscontro.
La seconda è la Czerwony Lager, una "amber lager" da 4,9%.
Schiuma abbastanza bella ma poco persistente. Aroma alquanto anonimo nonostante non abbia affatto un brutto gusto.
Paga semplicemente di basso corpo e malto poco in evidenza, per cui mi è scivolata via senza infamia e senza lode.
La terza birra è stata la Ciemne Lagodne, vale a dire "dark mild". Mild come peso dell'alcol, non come richiamo alle mild inglesi, essendo anche questa a bassa fermentazione.
Presenta una schiuma molto bella color avorio, anche abbastanza persistente. In bocca qualche tostato subito ma anche un amaro più astringente. Non è un esempio di quelle che sono nell'area est-europea le baltic porter, sia per il tenore alcolico basso e la sua bassa presenza, sia per il carattere decisamente meno impegnativo.
Lasciando questo trittico in cui, paradossalmente, l'unica di ispirazione non polacca meritava un po' di più, ci concediamo altri assaggi.
Questa è una birra ucraina ed è la Premium di 5%alc. del birrificio Obolon.
Difficile descriverla perchè al naso arriva una nauseante impronta di zolfo e cartone bagnato (probabilmente da light struck, dato che la bottiglia è verde e trasparente). Leggo tra gli ingredienti anche il riso, giustificato con "In addition to traditional ingredients, rice is used in the production" come a volerne fare un valore aggiunto. La torbidità è molto spiccata, non ne capisco il motivo ma dopo averla assaggiata non mi interessa neppure.
Torniamo alle birre polacche e a quelle del micro birrificio Browar Amber, nella regione della Pomerania ovvero nei dintorni di Danzica, mar baltico. Ahimè non abbiamo la loro baltic porter, ma altre due birre.
La prima è la Zywe, che significa "vivo". Si tratta, quindi, di una birra non pastorizzata e non filtrata.
Fosse anche buona, sarebbe una grazia. Anche qui forti gli off-flavour di zolfo, che sommati ad una carbonazione anche bella alta, ne fanno una birra davvero imbevibile. Lo stile è quello di una strong lager con i 6,2%alc. ma più di metà bicchiere finisce nel lavandino. Con tutto il bene che posso volere alle birre e a chi me le ha portate da luoghi lontani, non ce la posso fare.
Anche se è quella dall'etichetta più carina e curata. Peccato.
Ancora del birrificio Amber ci sono due birre. Entrambe bock che differiscono di circa un grado in merito all'alcol e che dovrebbero essere una versione base ed una speciale della stessa birra.
Partiamo dalla prima, chiamata semplicemente Kozlak che fa 6,6%alc. Una birra dal gusto pieno e maltato, molto caramellosa ma poi più secca nel finale. Robusta ed equilibrata, con pochi spigoli ad infastidire.
Non è la miglior dunkel bock assaggiata, ma non si difende male tra le birre della serata.
La seconda la stappo l'indomani ed è sempre la Kozlak Classic, una versione da 7,8%alc. che strizza l'occhio più ad una doppelbock. In effetti così è anche nel bicchiere.
La caratteristica al naso più evidente è una certa nota quasi chimica, vicina ad odori di nocciole tostate ma meno gradevole. Naso non pulitissima e nota che si ritrova anche nel gusto, una volta assimilato il dolce caramello del corpo e del carattere.
Tutto sommato una birra che si impone ma che si trascina dietro queste stonature rustiche non meglio decifrate.
Il giudizio sulla serata è sufficiente, e tornando al discorso fatto in partenza non me la sento di condannare la scena polacca, sicuramente non confrontabile con la nostra. Qualcosina si smuove anche lì, comunque, complici vecchi brand industriali (vedi sopra) che vigili del mercato mondiale io credo non vogliano commettere l'errore di farsi sorprendere da una eventuale rinascita birraria, che comunque parte col basso profilo.
Ma che faccia avrebbe fatto un polacco se avesse bevuto la lager Tal dei Tali del nuovissimo birrificio italiano Vattelappesca?
Cheers!
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