Prenotare un volo e trovarsi con un mini-festival birrario a tema è una bella fortuna.
L'occasione non poteva andare persa, anche se c'è da dire che in questo pub probabilmente ci sarei andato comunque.
La 31esima edizione dell'Old Ale Festival, di scena al The White Horse, è stata una bella palestra gustativa, nonchè situazione per vedere anche una faccia un po' più moderna rispetto ai classici storici pub inglesi.
Già la zona, leggermente fuori dal centro della capitale, conferisce a questo posto un valore simbolico da pellegrinaggio nerd, nonostante in apparenza non lo dimostri. Clientela giovane ma alquanto agiata in questo luogo in piena zona Fulham, che non è proprio uno dei bassifondi londinesi.
L'interno è sì in legno ma le pareti non puzzano troppo di vecchio. Molto curato qualche angolo con poltrone accanto a dei camini che rivisitano il concetto di public house togliendone la polvere del demodè, restituendo un luogo di condivisione ugualmente conviviale e socializzante.
Le birre a disposizione per il festival erano circa 60 ma sarebbero state attaccate in diversi giorni, motivo per cui sarei voluto andare la sera prima (ringrazio Terravision per il ritardissimo) e non ci sono riuscito.
Ovviamente alla domenica, ultimo giorno di festival, le perle Thomas Hardy's Ale (uno dei pochi cask residui dell'ultima cotta da O'Hanlon's di qualche anno fa, come confidatomi via mail dal pub manager) e Harveys Imperial Stout (anche qui cask) non le ho trovate. Peccato davvero, ma poco male...la roba era davvero tanta.
Le birre erano divise in keg e cask. Le prime attaccate al bancone, lungo e pieno zeppo, il più delle volte spillate a pompa (quindi anche qui no CO2); le seconde tenute in una stanza isolata, una sorta di cantina/magazzino dove una scaffalatura conteneva i cask impilati ovviamente in orizzontale, circondati da palloni gonfiati in cui veniva iniettata aria fresca da un compressore sempre in funzione.
Insomma, un'occasione unica per vedere e gustare.
Vado con ordine: parto dalla Harveys Bonfire Boy, una strong ale. Un bel carico dolce, caramellato che però si estingue e cede il passo ad un secco finale, non particolarmente amaro, ed abbastanza veloce. Qualche nota vinosa si percepisce, così come un po' di calore. Schiuma scarsa, carbonazione introvabile...sembrerebbero difetti se pronunciati a proposito di altre birre, ma qui siamo agli antipodi di lager, di saison, di pils...ottimo inizio!
Mi sorprende anche la Powerhouse Porter, con intensi sentori di caffè più che di cacao ed una leggerezza mistica su un corpo invidiabile. Una birra di fascino che si accorge di essere guardata ma continua ugualmente a sfilare come nulla fosse. Quando qualcuno vi dice che i malti sono più o meno tutti uguali...mandatelo a bere queste birre!
Alquanto suadente anche la Imperial Stout di Dark Star che assaggio dal bicchiere del mio compagno di bevute. Qui la sensazione di calore è evidente con un etilico super riconoscibile al naso e che si svela in bocca con una bella complessità anche conferita da luppoli in evidenza.
Mentre a questo giro mi sono gustato un'altra strong ale. Si tratta della Centurion's Ghost Ale di York Brewery. Forse la mia migliore della serata, con nette note dolci, di melassa e caramello ma stucchevoli giusto il tempo di arrivare al finale, anche qui alquanto secco con un ritorno luppolato "nobile" che non ti aspetti. Che sia questo il motivo del "ghost"? Suggestione: molto probabilmente no, ma mi viene facile crederlo.
Altro giro, altra corsa: smezzo una Sneck Lifter della Jennings Brewery. A questo punto le sensazioni di vinoso quasi si ripetono, mentre sento meglio riferimenti a prugna e tostati gentili, ma soprattutto il tocco legnoso e sicuramente il calore, che all'ennesima birra comincia a palesarsi prima delle altre sensazioni. Ottima e davvero riscaldante nonostante appena 5,1%. Essenziale e completa la clip degustativa al link sul sito Jennings.
A seguire una mild della Cornovaglia, la Merry Maiden Mild di Coastal Brewery, bronzo "di categoria" al GBBF 2011. Più nello specifico una dark mild (di chiare non ne ho viste proprio quella sera!), descrittami dalla ragazza ai cask come "amberish ale". Aromi quasi terrosi, di radice e di frutta secca. A questo punto della serata e con le sempre ben accette conoscenze nei pub e chiacchiere libere non è il caso nè è possibile concentrarsi troppo. Lo prendo come un segno. Di sicuro che questa birra fosse buona lo avevo capito però.
Le ultime birre della serata sono state un po' una variazione sul tema. Dopo aver prosciugato quasi tutto lo scibile (metà delle vie erano destinate a prodotti anche mainstream ed americanate, indi per cui scansate), viriamo su qualcosa di diverso.
Di Thornbridge assaggiamo la Bracia, una riuscitissima dark ale creativa di cui allego solo la descrizione, non so aggiungere altro ma solo dire che lasciava di stucco:
"Bracia is the Celtic name for a beverage brewed in Iron Age Europe with reference found on a Roman inscription at Haddon Hall, Derbyshire. Little is known about this except it was high in alcohol, brewed with cereals and, most probably, honey. Thornbridge’s Bracia has been infused with a generous amount of dark and bitter Chestnut Honey. This was sourced by Head Brewer Stefano Cossi from Beekeeper Onelia Pin in the Alpine foothills of North East Italy. Aromas are of chestnut, honey, cappuccino, white chocolate, dark fruits, vibrant fresh peel. The mouthfeel is velvety and rich, with notes of coffee, chocolate, liquorice and hazelnuts with warming alcohol, cocoa and a little peat in the finish. Malts: Maris Otter, Brown, Munich, Dark Crystal, Black, Chocolate, Peated and Roasted Barley. Hops: Target, Pioneer, Hallertau Northern Brewer and Sorachi Ace. Bracia can be cellared for up to one year, maybe longer. Its flavours will evolve so why not enjoy the experience of opening a bottle every once in a while."
E l'ultimissima è di Wild Beer Co, la Modus Gran Cru. Unica nota stonata della serata. Passata in diverse botti, sembra quasi solamente aver preso le caratteristiche di uno sherry, assolutamente invadente su tutto il resto e troppo difficile da mandar giù, basterebbe un solo sorso per capirla ma è troppa anche mezza pinta.
In sostanza...abbiamo bevuto!
Ed anche mangiato, e bene. Qualcuna di queste birre ha avuto l'onore di essere accompagnata da uno spettacolare dolce che si chiama Sticky Toffee Pudding servito con Clotted Cream. No comment...a momenti mi leccavo il piatto!
Valeva la pena una puntata al White Horse...quando mi ricapitavano così tante old, strong e mild?
Cheers!
L'occasione non poteva andare persa, anche se c'è da dire che in questo pub probabilmente ci sarei andato comunque.
Già la zona, leggermente fuori dal centro della capitale, conferisce a questo posto un valore simbolico da pellegrinaggio nerd, nonostante in apparenza non lo dimostri. Clientela giovane ma alquanto agiata in questo luogo in piena zona Fulham, che non è proprio uno dei bassifondi londinesi.
L'interno è sì in legno ma le pareti non puzzano troppo di vecchio. Molto curato qualche angolo con poltrone accanto a dei camini che rivisitano il concetto di public house togliendone la polvere del demodè, restituendo un luogo di condivisione ugualmente conviviale e socializzante.
Le birre a disposizione per il festival erano circa 60 ma sarebbero state attaccate in diversi giorni, motivo per cui sarei voluto andare la sera prima (ringrazio Terravision per il ritardissimo) e non ci sono riuscito.
Ovviamente alla domenica, ultimo giorno di festival, le perle Thomas Hardy's Ale (uno dei pochi cask residui dell'ultima cotta da O'Hanlon's di qualche anno fa, come confidatomi via mail dal pub manager) e Harveys Imperial Stout (anche qui cask) non le ho trovate. Peccato davvero, ma poco male...la roba era davvero tanta.
Le birre erano divise in keg e cask. Le prime attaccate al bancone, lungo e pieno zeppo, il più delle volte spillate a pompa (quindi anche qui no CO2); le seconde tenute in una stanza isolata, una sorta di cantina/magazzino dove una scaffalatura conteneva i cask impilati ovviamente in orizzontale, circondati da palloni gonfiati in cui veniva iniettata aria fresca da un compressore sempre in funzione.
Insomma, un'occasione unica per vedere e gustare.
Vado con ordine: parto dalla Harveys Bonfire Boy, una strong ale. Un bel carico dolce, caramellato che però si estingue e cede il passo ad un secco finale, non particolarmente amaro, ed abbastanza veloce. Qualche nota vinosa si percepisce, così come un po' di calore. Schiuma scarsa, carbonazione introvabile...sembrerebbero difetti se pronunciati a proposito di altre birre, ma qui siamo agli antipodi di lager, di saison, di pils...ottimo inizio!
Mi sorprende anche la Powerhouse Porter, con intensi sentori di caffè più che di cacao ed una leggerezza mistica su un corpo invidiabile. Una birra di fascino che si accorge di essere guardata ma continua ugualmente a sfilare come nulla fosse. Quando qualcuno vi dice che i malti sono più o meno tutti uguali...mandatelo a bere queste birre!
Alquanto suadente anche la Imperial Stout di Dark Star che assaggio dal bicchiere del mio compagno di bevute. Qui la sensazione di calore è evidente con un etilico super riconoscibile al naso e che si svela in bocca con una bella complessità anche conferita da luppoli in evidenza.
Mentre a questo giro mi sono gustato un'altra strong ale. Si tratta della Centurion's Ghost Ale di York Brewery. Forse la mia migliore della serata, con nette note dolci, di melassa e caramello ma stucchevoli giusto il tempo di arrivare al finale, anche qui alquanto secco con un ritorno luppolato "nobile" che non ti aspetti. Che sia questo il motivo del "ghost"? Suggestione: molto probabilmente no, ma mi viene facile crederlo.
A seguire una mild della Cornovaglia, la Merry Maiden Mild di Coastal Brewery, bronzo "di categoria" al GBBF 2011. Più nello specifico una dark mild (di chiare non ne ho viste proprio quella sera!), descrittami dalla ragazza ai cask come "amberish ale". Aromi quasi terrosi, di radice e di frutta secca. A questo punto della serata e con le sempre ben accette conoscenze nei pub e chiacchiere libere non è il caso nè è possibile concentrarsi troppo. Lo prendo come un segno. Di sicuro che questa birra fosse buona lo avevo capito però.
Le ultime birre della serata sono state un po' una variazione sul tema. Dopo aver prosciugato quasi tutto lo scibile (metà delle vie erano destinate a prodotti anche mainstream ed americanate, indi per cui scansate), viriamo su qualcosa di diverso.
Di Thornbridge assaggiamo la Bracia, una riuscitissima dark ale creativa di cui allego solo la descrizione, non so aggiungere altro ma solo dire che lasciava di stucco:
"Bracia is the Celtic name for a beverage brewed in Iron Age Europe with reference found on a Roman inscription at Haddon Hall, Derbyshire. Little is known about this except it was high in alcohol, brewed with cereals and, most probably, honey. Thornbridge’s Bracia has been infused with a generous amount of dark and bitter Chestnut Honey. This was sourced by Head Brewer Stefano Cossi from Beekeeper Onelia Pin in the Alpine foothills of North East Italy. Aromas are of chestnut, honey, cappuccino, white chocolate, dark fruits, vibrant fresh peel. The mouthfeel is velvety and rich, with notes of coffee, chocolate, liquorice and hazelnuts with warming alcohol, cocoa and a little peat in the finish. Malts: Maris Otter, Brown, Munich, Dark Crystal, Black, Chocolate, Peated and Roasted Barley. Hops: Target, Pioneer, Hallertau Northern Brewer and Sorachi Ace. Bracia can be cellared for up to one year, maybe longer. Its flavours will evolve so why not enjoy the experience of opening a bottle every once in a while."
E l'ultimissima è di Wild Beer Co, la Modus Gran Cru. Unica nota stonata della serata. Passata in diverse botti, sembra quasi solamente aver preso le caratteristiche di uno sherry, assolutamente invadente su tutto il resto e troppo difficile da mandar giù, basterebbe un solo sorso per capirla ma è troppa anche mezza pinta.
In sostanza...abbiamo bevuto!
Ed anche mangiato, e bene. Qualcuna di queste birre ha avuto l'onore di essere accompagnata da uno spettacolare dolce che si chiama Sticky Toffee Pudding servito con Clotted Cream. No comment...a momenti mi leccavo il piatto!
Valeva la pena una puntata al White Horse...quando mi ricapitavano così tante old, strong e mild?
Cheers!
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