Ogni tanto le risorse e le parole è meglio ottimizzarle.
Concentrarle e concentrarsi su poche cose, a cui dedicare un livello di attenzione degno.
Le due birre sicuramente meritano di essere descritte con parole adatte e raccontate con adeguato dettaglio.
Sono due birre legate da una certa contaminazione tra i birrai belgi e quelli italiani, gli uni che umitano gli altri, e viceversa. Uno di questi trend non è unicamente italiano, ma da qui ha preso una bella rincorsa. Sto parlando del passaggio in legno, o barrel aging (BA) con botti o barrique che hanno ospitato in passato vini, spesso importanti.
La prima birra ha proprio questa caratteristica. E' la Cuvèe Mam'zelle del birrificio De Leite, realtà produttiva del paesotto di Ruddervoorde, Fiandre occidentali. Metà produzione di arredamenti e metà birrificio...questa mi mancava!
Vado a riesumare le note di Alberto Laschi di inbirrerya.com per introdurre il birrificio:
Tutto questo legno non si avverte, in realtà: appena stappata qualche stallatico lo fa lontanamente scovare insieme a del vanigliato appena intuibile, ma è nelle esalazioni successive che avverto netto il contributo di brettanomiceti. Un mondo selvaggio, che include sicuramente anche batteri lattici, che si è aggiunto alla combriccola sicuramente solo con il suddetto passaggio in botte dopo la fermentazione primaria.
E dunque, naso davvero "frescheggiante" (cit.), ruspante, con una parte esotica in bella evidenza e richiami brettati di limone più che di cuoio. In bocca è dapprima calda e moderatamente maltata, con qualche nota leggera di biscotto; successivamente prende spazio l'acidità lattica, ancora sotto forma di tonalità agrumate, mai opprimenti ma che fanno decisamente dimenticare il mondo belga dell'alta fermentazione, a tutto vantaggio di accostamenti a fermentazioni miste, come l'eclatante esempio Orval.
Una bevuta che scivola via con moltissima facilità e con la grazia di una fanciulla: quella 'mademoiselle' di cui ne dovrebbe essere un abbreviato appellativo.
Breve ma caruccio anche questo breve video: non si capisce nulla, essendo in fiammingo, ma si ha una breve panoramica del birrificio (e della ditta di arredamenti):
Di Belgio che prende casa in Italia se ne può trovare una parte nella Lomellina, a Montegioco in particolare dove l'omonimo birrificio sforna capolavori puntando su fantasia e biodiversità frutticola italiana.
In questa birra, però, non ci sono ingredienti extra: la Tentatripel Scassona XXX, o per gli amici Tentatripel, è una tripel di ispirazione belga. Avrei voluto info sul nome, sull'etichetta con quella tentatrice figura femminile, ma non ne riesco a reperire.
Al naso non si presenta esplosiva, offrendo sempre leggere note fruttate di pesca e soprattutto albicocca, ma sicuramente poco spinte. Scivolando in bocca si nota prima di tutto la sua grande morbidezza nonostante il corpo non risulti pienissimo. Lunga persistenza con la crosta di pane che sovrasta quasi la frutta, qui forse tendente al melone, mentre una leggera secchezza si contrappone a toni maltati dolciastri quasi da frutta candita. Questa contrapposizione mi fa dubitare sulla sua affinità alle interpretazioni delle tripel valloni (più dolciastre) piuttosto che alle fiamminghe (più secche), ma tendenzialmente propendo un po' di più per quest'ultima, pur non essendo a mio parere così netta l'evidenza. Ad ogni modo, la secchezza c'è, appesantita da quel residuo zuccherino non nullo ma pur sempre bilanciato da un amaro leggero, quanto basta, avvertibile tra lingua e palato. Ne ho assaggiate di tripel più fiamminghe (cito la Keyte Tripel), magari anche più intense...ma sicuramente è un'ottima birra, non esagerata ma pacata e seria.
Cheers!
Concentrarle e concentrarsi su poche cose, a cui dedicare un livello di attenzione degno.
Sono due birre legate da una certa contaminazione tra i birrai belgi e quelli italiani, gli uni che umitano gli altri, e viceversa. Uno di questi trend non è unicamente italiano, ma da qui ha preso una bella rincorsa. Sto parlando del passaggio in legno, o barrel aging (BA) con botti o barrique che hanno ospitato in passato vini, spesso importanti.
La prima birra ha proprio questa caratteristica. E' la Cuvèe Mam'zelle del birrificio De Leite, realtà produttiva del paesotto di Ruddervoorde, Fiandre occidentali. Metà produzione di arredamenti e metà birrificio...questa mi mancava!
Vado a riesumare le note di Alberto Laschi di inbirrerya.com per introdurre il birrificio:
Birrificio nato ufficialmente nel 2008 per merito di Luc Vermeersch, un’altro homebrewer che si è letteralmente “buttato” in questa impresa coinvolgendo i suoi due amici: Etienne Vanpoucke e Paul Vanneste. Dal 1998 Luc produceva birra in casa, come tutti gli homebrewers partecipava a meeting e manifestazioni a tema.. trovati molti riscontri positivi nella sua piccola produzione decise di partecipare ai corsi specializzati che organizza il birrificio Alvinne. La sua passione è così contagiosa che riesce a coinvolgere anche Etienne e Paul. Proprietario della Helbig, produttrice di arredamenti d’interni, Luc “si prende” una parte di immobile ed incomincia a sviluppare la sua idea di birrificio. Risolti i problemi burocratici il 5 marzo 2008 nasceva il Birrificio De Leite dal nome di un ruscello che passa vicino allo stabilimento.E dal sito Belgian Beer Board qualche altro dettaglio sul nome:
Il nome di De Leite deriva o dal piccolo torrente locale "De Leite", o dall'espressione topografica "De Laagte" (la profondità di campo). Nel dialetto delle Fiandre Occidentali, si pronuncia come "De Leigte", da cui il nome "De Leite".Latitano altre informazioni sul resto, ma intanto da etichetta è chiaro, in fiammingo quanto in francese, il passaggio di questa blond (o meglio strong golden ale da 8,5%alc.) in botti di quercia che hanno ospitato vini del Mèdoc, nella Gironda francese: parliamo quindi di vini prodotti da uve a bacca rossa, da quanto apprendo.
Tutto questo legno non si avverte, in realtà: appena stappata qualche stallatico lo fa lontanamente scovare insieme a del vanigliato appena intuibile, ma è nelle esalazioni successive che avverto netto il contributo di brettanomiceti. Un mondo selvaggio, che include sicuramente anche batteri lattici, che si è aggiunto alla combriccola sicuramente solo con il suddetto passaggio in botte dopo la fermentazione primaria.
E dunque, naso davvero "frescheggiante" (cit.), ruspante, con una parte esotica in bella evidenza e richiami brettati di limone più che di cuoio. In bocca è dapprima calda e moderatamente maltata, con qualche nota leggera di biscotto; successivamente prende spazio l'acidità lattica, ancora sotto forma di tonalità agrumate, mai opprimenti ma che fanno decisamente dimenticare il mondo belga dell'alta fermentazione, a tutto vantaggio di accostamenti a fermentazioni miste, come l'eclatante esempio Orval.
Una bevuta che scivola via con moltissima facilità e con la grazia di una fanciulla: quella 'mademoiselle' di cui ne dovrebbe essere un abbreviato appellativo.
Breve ma caruccio anche questo breve video: non si capisce nulla, essendo in fiammingo, ma si ha una breve panoramica del birrificio (e della ditta di arredamenti):
Di Belgio che prende casa in Italia se ne può trovare una parte nella Lomellina, a Montegioco in particolare dove l'omonimo birrificio sforna capolavori puntando su fantasia e biodiversità frutticola italiana.
In questa birra, però, non ci sono ingredienti extra: la Tentatripel Scassona XXX, o per gli amici Tentatripel, è una tripel di ispirazione belga. Avrei voluto info sul nome, sull'etichetta con quella tentatrice figura femminile, ma non ne riesco a reperire.
Al naso non si presenta esplosiva, offrendo sempre leggere note fruttate di pesca e soprattutto albicocca, ma sicuramente poco spinte. Scivolando in bocca si nota prima di tutto la sua grande morbidezza nonostante il corpo non risulti pienissimo. Lunga persistenza con la crosta di pane che sovrasta quasi la frutta, qui forse tendente al melone, mentre una leggera secchezza si contrappone a toni maltati dolciastri quasi da frutta candita. Questa contrapposizione mi fa dubitare sulla sua affinità alle interpretazioni delle tripel valloni (più dolciastre) piuttosto che alle fiamminghe (più secche), ma tendenzialmente propendo un po' di più per quest'ultima, pur non essendo a mio parere così netta l'evidenza. Ad ogni modo, la secchezza c'è, appesantita da quel residuo zuccherino non nullo ma pur sempre bilanciato da un amaro leggero, quanto basta, avvertibile tra lingua e palato. Ne ho assaggiate di tripel più fiamminghe (cito la Keyte Tripel), magari anche più intense...ma sicuramente è un'ottima birra, non esagerata ma pacata e seria.
Cheers!
Tentatripel sta per tentativo di tripel. Scassona penso che intenda... scassona...
RispondiEliminaGrazie. Tentativo più che valido.
EliminaDa quello che ho letto da te, la consideri più nettamente fiamminga di quanto sembri a me.
Confermi?
la penso come te, più fiamminga che vallona per la secchezza, anche se di corpo. poi non conosco / non ricordo tutte le tripel fiamminghe, di sicuro non è una Westmalle, ma nemmeno ha la rotondità di una vallona, ergo fiamminga
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