Il nome è tutto un programma e potrebbe nascere dall'invito spensierato "bìv' la bir'" che dal vernacolo ad un più presentabile italiano viene contratto in Bilabì.
Non ci sarei mai arrivato da solo se non avessi avuto modo di chiederlo di persona a Lucio Bellomo e Nicolò Scoditti, soci e titolari del brewpub barese di recente apertura.
Con loro abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere sull'idea di base di questo progetto, sul loro modo di vedere la birra artigianale e di proporla al consumatore.
Quando si dice che le birre sono un'estensione del carattere del birraio non si dice mai una sciocchezza. Anche in questo caso raccontano molto: in produzione c'è Lucio, birraio molto giovane e concreto che ha anche fatto esperienza.
Dall'homebrewing alle esperienze in produzione presso Stazione Birra (brewpub romano in attività dal 1998) ed in Germania al birrificio Berger, Lucio comincia a maturare l'idea di produrre, che si realizza quando con Nicolò decidono di avviare un'avventura che li appagasse entrambi. Loro che accademicamente parlando hanno storie lontane dall'ambito tecnico-scientifico, in questo progetto ci hanno creduto, hanno investito tempo e convinzioni, arrivando all'obiettivo con delle idee chiare e decise. Per dettagli sulle fasi della creazione dell'impresa stessa rimando a questa piccola intervista, che raccoglie ciò che gli stessi Lucio e Nicolò mi hanno raccontato.
Le birre riflettono le scelte meticolose che li hanno portati a produrre scegliendo l'approccio del brewpub, interpretando il bisogno del consumatore di mangiar bene ancor prima che bere bene, e questo in Italia ed al sud è quanto di più importante ci sia, nel bene e nel male.
Da Bilabì attualmente le birre sono tre, tutte a bassa fermentazione ed i motivi sono diversi: l'esperienza tedesca ha avuto di sicuro la sua influenza, ma c'è anche una voglia di traghettare il consumatore medio di birra industriale verso il territorio artigianale senza spaventarlo, senza intimorire troppo creando una netta separazione di gusto, proponendo di soppiatto qualcosa di migliore senza stupire a tutti i costi.
La Giuditta è un lager da 4,9%alc. di chiaro stampo tedesco con luppolatura teutonica: carattere maltato in evidenza, gusto abbastanza pieno e di struttura senza perdere di vista equilibrio e semplicità, taglio amaro che arriva dopo un po' e porta con sè qualche carattere appena fruttato ed appagante.
Molto buona la Precaria, pilsner di 4,6%alc. anch'essa di ispirazione tedesca che sui luppoli vede anche un contributo polacco: l'erbaceo si sente ed impreziosisce un corpo davvero rotondo e rapido in bocca, senza sovrastrutture o caratterizzazioni estreme ma con i giusti attributi del caso.
Non è da meno la Cuzzi Baba, bock di 5,5%alc. dal carattere più muscolare rispetto alle altre birre ed un pelo sopra i canoni dello stile, dove un carattere meno luppolato evidenzia toni caramello marcati ed un equilibrio chiaramente più spostato verso il malto.
È un approccio diametralmente opposto alla maggior parte dei nuovi produttori, che puntano molto sulle enormi differenze tra commerciali ed artigianali, seguendo per la maggior parte dei casi produzioni di alte fermentazioni.
Tutte birre pulite, piacevoli, sempre con un bel cappello di schiuma ed una carbonazione vivace, giusta, indice di una lagerizzazione portata avanti senza fretta o pressioni temporali.
Il banco spine è a quattro vie di cui tre pescano da tini di mescita situati alle spalle del banco stesso. Il sistema è pensato per essere riempito direttamente dai fermentatori della sala cottura a cui sono collegati mediante impianto fisso: in pratica c'è un continuo rabbocco dagli stessi...e addio fusti!
A qualcuno può sembrare nuovo o strano, ma è così che deve funzionare un brewpub nudo e crudo: produzione, maturazione e mescita senza ulteriori rifermentazioni in fusto o bottiglia ma solo la contropressione di anidride carbonica nei tini stessi, che serva a preservare il livello di saturazione del gas stesso.
Per quello che riguarda la produzione, la sala cottura è dimensionata su 10hl e la cantina su 60hl.
Non è una scelta facile questa: birre ale sono più rapide produttivamente parlando ed hanno bisogno di un dimensionamento dell'impianto produttivo meno impegnativo e meno oneroso di quello necessario per birre lager, e questo fa capire a me ma a tutti quelli che un po' masticano che negli obiettivi di questo brewpub non solo c'è consapevolezza nei propri mezzi e nelle proprie capacità, ma anche coraggio nel proporre qualcosa che all'interno della moda è fuori moda: i tempi d'oro delle I.P.A. sono decisamente attuali e non è difficile capire quanto sarebbe stato meno difficile buttarsi in mezzo alla mischia delle luppolature modaiole.
Questa scelta oltre ad essere contro corrente è anche radicale, a mio modesto parere. Da un lato mi auguro avvicinerà un largo ventaglio di clienti, giovani e meno giovani, data la semplicità che le birre offrono; dall'altro queste birre possono dividere la schiera degli appassionati, sempre in crescita ma comunque minoranza e a sua volta divisa tra integralisti degli stili e sperimentatori spensierati. Questi ultimi potrebbero evidenziare una scarsa caratterizzazione del gusto, ma sarebbero compensati da chi (e qui mi ci infilo io) apprezza birre ben fatte e vicine a stili definiti, che non vogliano stupire per la stravaganza ma per la normalità, sempre più irrintracciabile nel panorama italiano.
E' chiaro che poi i consumatori non sono tutti uguali e neanche gli appassionati, ma difficilmente una birra corretta e docile potrà essere disprezzata, piuttosto può capitare e capita con birre più spinte o addirittura estreme.
Nel pensiero di Bilabì vedo molta attenzione al pubblico, ai gusti dei consumatori, al mercato reale più che a quello della nicchia che a volte devia verso strade che non si ancora dove stiano portando.
Con queste premesse intravedo un discreto successo ed una buona risposta in termini di consumi da parte del bevitore medio, e chiaramente solo il tempo potrà dirci qualcosa in più.
Un grosso in bocca al lupo al Bilabì!
Cheers!
Non ci sarei mai arrivato da solo se non avessi avuto modo di chiederlo di persona a Lucio Bellomo e Nicolò Scoditti, soci e titolari del brewpub barese di recente apertura.
Con loro abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere sull'idea di base di questo progetto, sul loro modo di vedere la birra artigianale e di proporla al consumatore.
Quando si dice che le birre sono un'estensione del carattere del birraio non si dice mai una sciocchezza. Anche in questo caso raccontano molto: in produzione c'è Lucio, birraio molto giovane e concreto che ha anche fatto esperienza.
Le birre riflettono le scelte meticolose che li hanno portati a produrre scegliendo l'approccio del brewpub, interpretando il bisogno del consumatore di mangiar bene ancor prima che bere bene, e questo in Italia ed al sud è quanto di più importante ci sia, nel bene e nel male.
Da Bilabì attualmente le birre sono tre, tutte a bassa fermentazione ed i motivi sono diversi: l'esperienza tedesca ha avuto di sicuro la sua influenza, ma c'è anche una voglia di traghettare il consumatore medio di birra industriale verso il territorio artigianale senza spaventarlo, senza intimorire troppo creando una netta separazione di gusto, proponendo di soppiatto qualcosa di migliore senza stupire a tutti i costi.
La Giuditta è un lager da 4,9%alc. di chiaro stampo tedesco con luppolatura teutonica: carattere maltato in evidenza, gusto abbastanza pieno e di struttura senza perdere di vista equilibrio e semplicità, taglio amaro che arriva dopo un po' e porta con sè qualche carattere appena fruttato ed appagante.
Molto buona la Precaria, pilsner di 4,6%alc. anch'essa di ispirazione tedesca che sui luppoli vede anche un contributo polacco: l'erbaceo si sente ed impreziosisce un corpo davvero rotondo e rapido in bocca, senza sovrastrutture o caratterizzazioni estreme ma con i giusti attributi del caso.
Non è da meno la Cuzzi Baba, bock di 5,5%alc. dal carattere più muscolare rispetto alle altre birre ed un pelo sopra i canoni dello stile, dove un carattere meno luppolato evidenzia toni caramello marcati ed un equilibrio chiaramente più spostato verso il malto.
È un approccio diametralmente opposto alla maggior parte dei nuovi produttori, che puntano molto sulle enormi differenze tra commerciali ed artigianali, seguendo per la maggior parte dei casi produzioni di alte fermentazioni.
Tutte birre pulite, piacevoli, sempre con un bel cappello di schiuma ed una carbonazione vivace, giusta, indice di una lagerizzazione portata avanti senza fretta o pressioni temporali.
Il banco spine è a quattro vie di cui tre pescano da tini di mescita situati alle spalle del banco stesso. Il sistema è pensato per essere riempito direttamente dai fermentatori della sala cottura a cui sono collegati mediante impianto fisso: in pratica c'è un continuo rabbocco dagli stessi...e addio fusti!
A qualcuno può sembrare nuovo o strano, ma è così che deve funzionare un brewpub nudo e crudo: produzione, maturazione e mescita senza ulteriori rifermentazioni in fusto o bottiglia ma solo la contropressione di anidride carbonica nei tini stessi, che serva a preservare il livello di saturazione del gas stesso.
Per quello che riguarda la produzione, la sala cottura è dimensionata su 10hl e la cantina su 60hl.
Non è una scelta facile questa: birre ale sono più rapide produttivamente parlando ed hanno bisogno di un dimensionamento dell'impianto produttivo meno impegnativo e meno oneroso di quello necessario per birre lager, e questo fa capire a me ma a tutti quelli che un po' masticano che negli obiettivi di questo brewpub non solo c'è consapevolezza nei propri mezzi e nelle proprie capacità, ma anche coraggio nel proporre qualcosa che all'interno della moda è fuori moda: i tempi d'oro delle I.P.A. sono decisamente attuali e non è difficile capire quanto sarebbe stato meno difficile buttarsi in mezzo alla mischia delle luppolature modaiole.
Questa scelta oltre ad essere contro corrente è anche radicale, a mio modesto parere. Da un lato mi auguro avvicinerà un largo ventaglio di clienti, giovani e meno giovani, data la semplicità che le birre offrono; dall'altro queste birre possono dividere la schiera degli appassionati, sempre in crescita ma comunque minoranza e a sua volta divisa tra integralisti degli stili e sperimentatori spensierati. Questi ultimi potrebbero evidenziare una scarsa caratterizzazione del gusto, ma sarebbero compensati da chi (e qui mi ci infilo io) apprezza birre ben fatte e vicine a stili definiti, che non vogliano stupire per la stravaganza ma per la normalità, sempre più irrintracciabile nel panorama italiano.
E' chiaro che poi i consumatori non sono tutti uguali e neanche gli appassionati, ma difficilmente una birra corretta e docile potrà essere disprezzata, piuttosto può capitare e capita con birre più spinte o addirittura estreme.
Nel pensiero di Bilabì vedo molta attenzione al pubblico, ai gusti dei consumatori, al mercato reale più che a quello della nicchia che a volte devia verso strade che non si ancora dove stiano portando.
Con queste premesse intravedo un discreto successo ed una buona risposta in termini di consumi da parte del bevitore medio, e chiaramente solo il tempo potrà dirci qualcosa in più.
Un grosso in bocca al lupo al Bilabì!
Cheers!
Idea molto ma molto geniale!!! ce ne fossero molti di piu di locali cosi.......
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