Birrificio del Vulture, oasi birraria in terra lucana

Conoscevo da qualche tempo la nascente scena birraria lucana, nonostante non avessi mai avuto modo di berne nulla di quanto prodotto.
Ho avuto stavolta l'occasione di recarmi in Basilicata e così ho colto la palla al balzo per allungare di qualche decina di chilometri e recarmi a Rionero in Vulture, dove da un paio di anni opera il Birrificio del Vulture.


Incredibili le strade che portano a questo centro, fra monti immersi tra le nuvole e strade sinuose sospese tra il fianco dei rilievi ed il baratro delle valli.
Luogo impervio che però nasconde questa piccola realtà produttiva, dove Ersilia e Donatello, marito e moglie, hanno deciso di costruire questo birrificio.
I due decidono di produrre birra ed è Ersilia ad occuparsi della produzione in birrificio.

L'impianto è da circa 2hl ma i fermentatori sono tanti ed anche da doppia cotta, e questo assicura al birrificio una produzione molto variegata e comunque di quantità.
Attigua al birrificio è presente una bella taproom, con tre vie alla spina ed un po' di spazio per accomodarsi e bere. È una idea molto intelligente nonchè importante per un birrificio piccolo che riversa le sue produzioni innanzitutto verso la comunità, il paese.


Il consumo locale in zona non è affatto alto nè attento al prodotto birra di qualità, ma proprio per questo un presidio di questo tipo diventa un importante avamposto di diffusione, divulgazione e presenza.
Le birre prodotte dal Birrificio del Vulture sono ormai 8, ed una volta arrivato lì ho colto l'occasione per conoscerle e berne quante più possibili.
Comincio con la blanche, Bianchina, da 4%alc: buoni gli aromi di scorza d'arancia e buona in bocca, con un profilo acidulo molto leggero per una birra delicata.


Continuiamo con un'altra birra da 5%alc., Rocco'n'Roll, realizzata secondo lo stile golden ale. Bella la parte aromatica, con leggeri fruttati a polpa gialla in evidenza. In bocca esibisce morbidezza ed un corpo non sfuggevole, conferendo ancora leggeri fruttati ed un chirurgico amaro finale. Molto vicina a realizzazioni britanniche più che ai moderni esempi molto luppolati.
Altra birra del filone anglosassone classico è la Gnostr, una dry stout da 5,5%alc. Immergo il naso e ci sento davvero tutta la bellezza delle versioni tradizionali dello stile, con aromi terrosi dei luppoli che si legano già con qualche aroma torrefatto. In bocca conferma queste attese, esprimendo ancora carattere terroso e leggere tostature, lasciando un'impressione di scorrevolezza e semplicità tipiche di questo stile.


Ersilia mi fa assaggiare anche qualche birra stagionale, e chiaramente la loro harvest IPA da 5%alc., Gaddina Young, ne è l'emblema. L'utilizzo di luppolo fresco è davvero evidente, sprigionando nel naso aromi di foglie, erba fresca e ricordando proprio le fragranze di luppolo in coni. Si distende benissimo in bocca, con un sapore ancora di clorofilla mentre il malto resta a fare solo da sfondo, concludendosi su un amaro presente ma nient'affatto eccessivo.
Anche su gradazioni alcoliche più elevate troviamo una birra, la imperial stout So' biologa, fortemente voluta da Ersilia anche contro quello che consumatori e pubblico avrebbero potuto pensare, gesto ulteriormente giustificato dagli studi scientifici alla base della sua stessa cariera universitaria. Il modello è dichiaratamente quello dell'americana Gonzo di Flying Dog e tutto quel mondo conosciuto durante la vita universitaria fuori regione. La birra di 7%alc. è quindi sul modello delle american imperial stout e lo si sente inequivocabilmente dagli aromi intensamente resinosi dei luppoli. In bocca è molto densa e si muove in equilibrio tra una sostanza cioccolatosa ed un amaro ancora resinoso dei luppoli. Molto complessa e per nulla banale nella sua realizzazione, ma profonda e ricercata nell'intreccio tra malti e luppoli.


La produzione è attualmente composta anche da altre birre: la West Cost in stile American IPA, la weizen Bramea, la birra alle castagne Druda e l'ultima stagionale Ginger Bells, Double IPA da 8,2%alc. con zenzero realizzata con Giuseppe Gaudiano, birraio in pectore del birrificio di futura apertura Brewnerd (ne sentiremo parlare).

Le birre di Birrificio del Vulture mi sono piaciute, inutire girarci intorno: stili inquadrati nella quasi totalità degli aspetti, personalizzati solo leggermente e sempre restando nei confini, in più facendo un buonissimo lavoro.
Le dimensioni e la posizione geografica non pendono molto dalla loro parte, ma accorgersi di queste piccole grandi realtà e provare a diffonderle nell'area locale gli auguro possa essere un'ulteriore freccia al loro arco per continuare a fare bene.


Bisogna dare atto che l'audacia alla base di un progetto così ha dato i suoi frutti e forse chi li aveva sentiti nominare (me compreso) agli inizi non ci avrebbe scommesso molto.
Hanno certamente ancora tanto da costruire e divulgare, ma mi sento di dire che la strada presa è senza dubbio buona e Birrificio del Vulture può tranquillamente essere portabandiera della birra di qualità nella regione.
Esco dalla tap room e torno a notare i contrasti tra la modernità dell'interno e l'assordante passato che traspare dal paese.

Solo l'insegna al neon dirada la fitta nebbia che avvolge le strade. Chissà che non sia una piccola metafora della diffusione della birra artigianale in queste lande.

Cheers!

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