Un altro stupido post dove spiego perchè non scrivo da tanto tempo? Mmm...più o meno.
Proprio per avere un riscontro sulle produzioni sperimentali nonchè sulle birre ufficiali è di grande aiuto poterle spillare sul proprio impianto nel proprio locale attiguo al birrificio. Si tratta di un modo per avere un diretto contatto con i bevitori, per proporre un prodotto che fa appena qualche metro prima di finire alle spine. Tra l'altro abbiamo pensato di dotarci sia di un cooler che di una cella fusti, combinazione che non lascia scampo al caldo ed al deperimento stesso della birra.
L'impianto spine è da sei vie e vi si alterneranno tutte le birre della casa ma non solo. L'intenzione è quella di spillare anche birre di altri birrifici prodotte proprio con i lieviti forniti da noi, il che è un ulteriore modo per arricchire l'offerta (molti brewpub americani hanno questo modo di intendere il loro luogo di mescita, spillando birre di birrifici amici e/o accomunati da vicinanza geografica e produttiva) e per proporre ai clienti altri modi di produrre a partire dalla stessa materia prima.
In tutto ciò non poteva mancare anche una offerta culinaria, che prende sempre spunto dalla birra, inserita in preparazione di alcune cotture e con panini realizzati da trebbie esauste e lievito recuperato dai trasferimenti tra fermentatori.
Io stesso sono il responsabile della gestione dei fusti e delle spine e sono presente in alcune serate settimanali per spillare e dettagliare le birre prodotte.
Se non fosse che stavolta il motivo è ancor più importante delle altre volte: ho cominciato l'avventura in produzione in birrificio e contribuisco al processo di selezione e propagazione di lieviti.
Il settimo compleanno del blog non poteva essere occasione migliore per fare coming out e spiegare tutto quello che mi sta succedendo.
Vado con ordine.
Il settimo compleanno del blog non poteva essere occasione migliore per fare coming out e spiegare tutto quello che mi sta succedendo.
Vado con ordine.
Durante l'ultimo anno ho avuto modo di incontrare e fare consulenza per diversi soggetti del mondo birrario, ed in particolare per due birrifici nascenti.
Ho così conosciuto meglio Angelo e Pasquale, due amici con un progetto molto interessante e variegato.
Ho così conosciuto meglio Angelo e Pasquale, due amici con un progetto molto interessante e variegato.
L'idea viene da Angelo Lovece, laureato in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, che vanta nel suo curriculum dottorati e master in Chimica del farmaco, assegni di ricerca nella nutraceutica e collaborazioni con il CNR. La sua esperienza di homebrewing negli anni si è concentrata non tanto sul prodotto finito ma sul comportamento dell'ingrediente per eccellenza: il lievito. Per deformazione professionale ha cominciato a studiarne caratteristiche, concentrazioni, imparando a trattarlo e propagarlo.
Ci conosciamo da diversi anni e mi ha spesso passato qualche lievito recuperato da birre rifermentate in bottiglia, propagandomelo (prima che imparassi anche io come fare) e rendendomelo pronto a fermentare il miei 23 litri canonici.
E dunque, quello che voleva realizzare era un laboratorio di propagazione di lieviti per vendita diretta a birrifici artigianali. Idea già di suo molto interessante oltre che innovativa, e che nel tempo ho sperato da esterno che si realizzasse, perchè parliamo di un campo di ricerca applicativa ancora poco battuto, soprattutto sulla scena italiana.
In una fase successiva è stato il suo incontro di intenti con Pasquale Rinaldi e suo fratello Vincenzo, suoi amici liberi professionisti, quello che ha arricchito il progetto di altri tasselli. In particolare, quello di affiancare a questa attività quella di produzione di birra. Il motivo è presto detto: disponendo di lieviti freschi e dovendone testare volta per volta le prestazioni e le potenzialità, quale modo migliore per farlo se non producendo birra?
Ogni cantiere che si rispetti, però, deve reggersi su idee solide, al passo con i tempi ed in grado di affrontare il mercato odierno, contestualmente anche ben interpretando gli aspetti economici e commerciali. Pian piano, quindi, anche durante il periodo di incubazione al quale ho contribuito con consigli e dritte, è maturata la necessità di una struttura più articolata, che affiancasse alla produzione anche una mescita, facendo assumere al tutto le sembianze di un brewpub.
Queste le premesse, dopo le quali bypasso dettagli sui diversi mesi necessari per passare dalle parole ai fatti per l'ottenimento del credito, l'installazione dell'impianto e l'organizzazione del lavoro con me in produzione.
La sostanza è che è nato nascendo questo progetto di cui sono orgoglioso di far parte e che si chiama Lieviteria, e che mi prendo la briga di dettagliare.
LIEVITI
Il cuore del progetto è in fase di preparazione e di imminente partenza.
I ritardi sono dovuti a cause burocratiche. In dotazione c'è un bioreattore, ovvero un propagatore di lieviti capace di tenere a temperatura controllata (0-30 °C) fino a 300 litri di mosto e farli fermetare. Sembrerebbe un normale fermentatore, ma qui la birra risultante è lo scarto, mentre la materia prima sarà proprio il lievito, ed è qui che nasce qualche impedimento dato che tecnicamente è qualcosa che non ha precedenti noti a livello di accise e di gestione con gli organi preposti.
Ad ogni modo, il laboratorio dispone di una banca lieviti isolati appositamente per realizzare le prime birre, anche se le primissime cotte sono state fermentate da lieviti acquistati esternamente per impossibilità di propagazione (vedi sopra). Tra le altre cose, è presente anche una cappa a flusso laminare, agitatori magnetici, piastre con terreno di coltura, beute varie e frigoriferi appositi.
Le prossime cotte verranno sicuramente fermentate da lieviti auto-propagati che saranno poi resi risponibili commercialmente anche di birrifici locali e non, spesso orfani di lieviti freschi.
Si tratta di lieviti ricoltivati autonomamente, su mia indicazione ed in qualche caso da me stesso.
In una successiva fase, inoltre, si conta di accontentare anche gli homebrewer, cosa che si è fatta inizialmente con qualcuno locale e che potrebbe ulteriormente riempirci di soddisfazione.
I ritardi sono dovuti a cause burocratiche. In dotazione c'è un bioreattore, ovvero un propagatore di lieviti capace di tenere a temperatura controllata (0-30 °C) fino a 300 litri di mosto e farli fermetare. Sembrerebbe un normale fermentatore, ma qui la birra risultante è lo scarto, mentre la materia prima sarà proprio il lievito, ed è qui che nasce qualche impedimento dato che tecnicamente è qualcosa che non ha precedenti noti a livello di accise e di gestione con gli organi preposti.
Ad ogni modo, il laboratorio dispone di una banca lieviti isolati appositamente per realizzare le prime birre, anche se le primissime cotte sono state fermentate da lieviti acquistati esternamente per impossibilità di propagazione (vedi sopra). Tra le altre cose, è presente anche una cappa a flusso laminare, agitatori magnetici, piastre con terreno di coltura, beute varie e frigoriferi appositi.
Le prossime cotte verranno sicuramente fermentate da lieviti auto-propagati che saranno poi resi risponibili commercialmente anche di birrifici locali e non, spesso orfani di lieviti freschi.
Si tratta di lieviti ricoltivati autonomamente, su mia indicazione ed in qualche caso da me stesso.
In una successiva fase, inoltre, si conta di accontentare anche gli homebrewer, cosa che si è fatta inizialmente con qualcuno locale e che potrebbe ulteriormente riempirci di soddisfazione.
BIRRIFICIO
La filosofia del birrificio è quella di proporre birre sì semplici ma contemporaneamente sorprendenti. Idea che incarna a pieno il mio personalissimo pensiero e con cui vado a nozze. Su un nucleo di birre di partenza si innesteranno una serie di birre sperimentali, realizzate proprio con i lieviti che vogliamo prima testare e con cui vogliamo giocare noi per primi, che rientreranno successivamente nella gamma ufficiale quando saranno ritenute sufficientemente rodate.
Parlando di dettagli più puramente produttivi, opero su un impianto manuale da 5hl, con capacità cantina di 50hl suddivisa in 5 fermentatori. Le prime tre birre sono rispettivamente Yosemite (golden ale), Second Gear (dubbel) e Bobber (west coast IPA), confezionate sia in fusto (per rifermentazione o in isobarica) che in qualche bottiglia (formato 33cl e 75cl).
La filosofia del birrificio è quella di proporre birre sì semplici ma contemporaneamente sorprendenti. Idea che incarna a pieno il mio personalissimo pensiero e con cui vado a nozze. Su un nucleo di birre di partenza si innesteranno una serie di birre sperimentali, realizzate proprio con i lieviti che vogliamo prima testare e con cui vogliamo giocare noi per primi, che rientreranno successivamente nella gamma ufficiale quando saranno ritenute sufficientemente rodate.
Parlando di dettagli più puramente produttivi, opero su un impianto manuale da 5hl, con capacità cantina di 50hl suddivisa in 5 fermentatori. Le prime tre birre sono rispettivamente Yosemite (golden ale), Second Gear (dubbel) e Bobber (west coast IPA), confezionate sia in fusto (per rifermentazione o in isobarica) che in qualche bottiglia (formato 33cl e 75cl).
Ci sarebbe moltissimo da dire a riguardo, ma preferisco non crogiolarmi al momento e far parlare il bicchiere. In futuro e sui canali appositi arriveranno dettagli più tecnici e conto di dettagliare anche ricette e tecniche.
BIRRERIA
BIRRERIA
Proprio per avere un riscontro sulle produzioni sperimentali nonchè sulle birre ufficiali è di grande aiuto poterle spillare sul proprio impianto nel proprio locale attiguo al birrificio. Si tratta di un modo per avere un diretto contatto con i bevitori, per proporre un prodotto che fa appena qualche metro prima di finire alle spine. Tra l'altro abbiamo pensato di dotarci sia di un cooler che di una cella fusti, combinazione che non lascia scampo al caldo ed al deperimento stesso della birra.
L'impianto spine è da sei vie e vi si alterneranno tutte le birre della casa ma non solo. L'intenzione è quella di spillare anche birre di altri birrifici prodotte proprio con i lieviti forniti da noi, il che è un ulteriore modo per arricchire l'offerta (molti brewpub americani hanno questo modo di intendere il loro luogo di mescita, spillando birre di birrifici amici e/o accomunati da vicinanza geografica e produttiva) e per proporre ai clienti altri modi di produrre a partire dalla stessa materia prima.
In tutto ciò non poteva mancare anche una offerta culinaria, che prende sempre spunto dalla birra, inserita in preparazione di alcune cotture e con panini realizzati da trebbie esauste e lievito recuperato dai trasferimenti tra fermentatori.
Io stesso sono il responsabile della gestione dei fusti e delle spine e sono presente in alcune serate settimanali per spillare e dettagliare le birre prodotte.
Inutile dire quanto sia strano trovarsi dall'altro lato del muro e tuttora mi suona strano sentirmi e vedermi come birraio pro. Semplicemente è capitata questa occasione che aveva praticamente tutto quello che potessi richiedere e desiderare in termini di libertà produttiva e creativa, impianto, tecnologie di base, filosofia, motivazioni. Tutto ciò in piccolo e non su grande scala, sicuramente, ma questo mi permette di spaventarmi meno del salto fatto e di sfruttare meglio le capacità che ho acquisito ed arricchito in anni di homebrewing e frequentando da vicino qualche birrificio. Se poi ci mettiamo la comodità di un brewpub, il legame con la gente ed il paese (il mio stesso di origine, tra l'altro) e la possibilità di sperimentare, penso sia comprensibile come sia stato possibile che sia finito a fare il birraio...la tentazione era troppo forte ed un giorno il rammarico di non aver accettato sarebbe stato immenso.
Tutto ciò non mi impedirà di curare il blog, lo voglio dire con chiarezza.
Non mi impedirà neppure di continuare a dedicarmi all'homebrewing.
Penso di aver tenuto in questi anni un atteggiamento il più possibile obiettivo nella narrazione dell'evoluzione birraria locale, regionale, nazionale ed internazionale. Non credo, quindi, di poter diventare spudoratamente di parte nè di poter danneggiare qualche altro birraio.
Eviterò probabilmente di esprimere giudizi particolarmente negativi ma non quelli positivi su birre e situazioni degne di nota.
Anzi, direi che una più ravvicinata conoscenza delle dinamiche produttive e delle problematiche non può che continuare a formare e rafforzare le mie capacità (è già successo in questi mesi passati in sala cottura e ne sto cogliendo i frutti), per cui non credo mi zittirò quando vorrò parlare di un determinato stile, della sua storia, di una determinata birra o di fenomenologie e comportamenti dell'ambiente birraio. Saranno probabilmente il minor tempo e la minor concentrazione, invece, a farmi esprimere meno.
Curiosa la concomitanza che vede anche altri blogger, gli americani e ben più noti ed incisivi di me Scott Janish (scottjanish.com) e Michael Tonsmeire (themadfermentationist.com), impegnati nel mettere su un birrificio, loro addirittura insieme. Lo vedo come un segno che probabilmente, oltre a scrivere e predicare, può essere gratificante anche mettersi in gioco e puntare su quello che si è imparato.
Questo per me era già accaduto con la Berekeller, forse lo stesso anche per Francesco Antonelli di Brewing Bad con le Umpa Lumpa, Wallace e Badside.
Berebirra continua ad essere la mia voce.
Lieviteria il prodotto del mio lavoro.
Cheers!
Tutto ciò non mi impedirà di curare il blog, lo voglio dire con chiarezza.
Non mi impedirà neppure di continuare a dedicarmi all'homebrewing.
Penso di aver tenuto in questi anni un atteggiamento il più possibile obiettivo nella narrazione dell'evoluzione birraria locale, regionale, nazionale ed internazionale. Non credo, quindi, di poter diventare spudoratamente di parte nè di poter danneggiare qualche altro birraio.
Eviterò probabilmente di esprimere giudizi particolarmente negativi ma non quelli positivi su birre e situazioni degne di nota.
Anzi, direi che una più ravvicinata conoscenza delle dinamiche produttive e delle problematiche non può che continuare a formare e rafforzare le mie capacità (è già successo in questi mesi passati in sala cottura e ne sto cogliendo i frutti), per cui non credo mi zittirò quando vorrò parlare di un determinato stile, della sua storia, di una determinata birra o di fenomenologie e comportamenti dell'ambiente birraio. Saranno probabilmente il minor tempo e la minor concentrazione, invece, a farmi esprimere meno.
Curiosa la concomitanza che vede anche altri blogger, gli americani e ben più noti ed incisivi di me Scott Janish (scottjanish.com) e Michael Tonsmeire (themadfermentationist.com), impegnati nel mettere su un birrificio, loro addirittura insieme. Lo vedo come un segno che probabilmente, oltre a scrivere e predicare, può essere gratificante anche mettersi in gioco e puntare su quello che si è imparato.
Questo per me era già accaduto con la Berekeller, forse lo stesso anche per Francesco Antonelli di Brewing Bad con le Umpa Lumpa, Wallace e Badside.
Berebirra continua ad essere la mia voce.
Lieviteria il prodotto del mio lavoro.
Cheers!
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