La scarsa reperibilità delle bottiglie a quasi tutte le latitudini e l'assenza di produzione in fusti li contornano di un alone di irraggiungibilità su tutta la gamma.
Se questo vale per le birre base della gamma del Birrificio Barley, figuriamoci se il discorso non viene enfatizzato quando ci si sposta sulla linea "BB" che vede in tre birre l'aggiunta di speciali sape (mosti cotti) di diverse uve.
A mio parere questa scarsa reperibilità può anche essere controproducente per il birrificio di Nicola Perra, dato che meno si trova in giro la sua birra e meno se ne parla, e così via. Ma questo è un altro discorso.
Avevo avuto modo una volta di cimentarmi nell'assaggio di un paio di queste, oltre che ad affrontare diverse birre base dello stesso Barley.
Ma l'occasione rende l'uomo ladro, e così quando me le sono trovate nuovamente di fronte (presso il Birrarium di Acquaviva), non ho saputo rinunciare a passarle in rassegna nuovamente, ma stavolta affrontandole tutte e tre.
Comincio linkando, prima di tutto, qualche informazione in più sulla sapa e su come si ottiene, che non è altro che mosto di vino sottoposto a lunghissima bollitura appena dopo la raccolta.
Parto dalla BB evò, birra di 10%alc. in cui è stata utilizzata la sapa di uve Nasco, vitigno sardo in via di estinzione. La birra si sviluppa sulla base di un Barley Wine, ma è tutt'altro che anglosassone nel sangue.
Al naso emergono netti profumi luppolati un po' dolci insieme a note terrose e fruttate che richiamano un po' a birre belghe di spessore. Quando questa bevanda invade la bocca si sprigiona tutta una serie di sensazioni sempre a cavallo tra la complessità di frutta matura e frutta secca, insieme al calore della boccata, alla pienezza del corpo e alla pericolosa secchezza finale. Lo smarrimento di fronte alla complessità fatta snella è tanta, e si susseguono in serie diverse sensazioni: prugna, ciliege sotto spirito, melassa in un turbolento mix di gusti orchestrato alla perfezione e ripreso da un leggero amaro caldo finale, etilico e distensivo.
Non trovo parole sufficientemente esaustive per parlarne ancora dato che avevo deciso di lasciarmi prendere concedendomela a fine serata, così come questa birra richiederebbe di essere gustata, tralasciando per un po' la ratio ed abbandonandomi sensualmente alla grazia calda e rotonda che sprigionava.
Ho trovato comunque davvero eccellente il carattere iniziale luppolato e l'equilibrio tra toni inglesi spigolosi, le dolci caratteristiche belghe evidentemente conferite dal lievito e la vinosa rotondità fruttata e spiritosa della sapa di uve Nasco.
Per un capolavoro che va, un altro che viene. La sera successiva è stata la volta della BB 10, dalla gradazione di 10%alc. e che sul sito ufficiale è riportata come Imperial Stout. Premetto subito il mio disaccordo con questa classificazione perchè sono diversi i tratti mancanti rispetto a questo stile, in primis riguardo ai tostati. Qui la sapa utilizzata è quella delle uve Cannonau, il vitigno forse più noto delle terre sarde.
Assaporata a temperatura davvero alta (credo sui 18°C), si sprigiona al naso subito un vinoso evidente, che col tempo vira verso chiare note di frutti rossi, in particolare frutti di bosco come ribes e mora. In bocca il corpo è medio, non troppo viscoso come mi sarei aspettato, ed il tutto è accompagnato anche qui da un netto vinoso dolce tendente ancora verso confetture di frutti rossi, uva passa, datteri, zucchero candito e glasse, fin quasi a toccare i complessi ricordi balsamici e forti della sansa di olive nere (salmastro escluso).
In bocca le capriole sono davvero mirabolanti, anche se come anticipavo è l'impianto tostato e torrefatto che viene a mancare rispetto alle attese. Può essere semplicemente la mia aspettativa o la nostra abitudine nel trovare questi sentori in birre scure a spingerci a cercarli e quasi a pretenderli, ma in realtà ce li vedrei davvero bene a contornare la coda del retrogusto per spingere questa birra ancora più in cima dal punto di vista tecnico. Poco male, il livello che si tocca è sicuramente altissimo.
Il trittico si chiude con un'altra grande dimostrazione di forza del sapiente Perra. Si tratta della BB 9, una sorta di Belgian Speciality Ale (a mio parere...dato che sul sito si presenta come Strong Ale) da 9%alc. realizzata con sapa di uve Malvasia. Al primo assaggio arriva subito la conferma (rispetto ad una versione maturata per più tempo ed assaggiata qualche mese fa) di quanto fosse ricca e possente.
Al naso, a questo giro, è l'esotico che viene fuori, probabilmente apportato da qualche luppolo come il celebre Nelson Sauvin, che potrebbe essere proprio il neozelandese anonimamente annunciato tra gli ingredienti e che si lega ad una sensazione fruttata, anche qui sviluppata chiaramente da lieviti di stampo belga. In bocca la complessità si sviluppa sia sulla dimensione delle dolcezze che su quella dei fruttati, nonchè sul livello vinoso evolvendosi ed intrecciando i diversi ambiti in una pazzesca treccia gustativa dalle sensazioni strabilianti. Sembra fin troppo perfetta questa birra e lo si avverte anche dalla chiusura, con un leggero amaro silenzioso che velocemente ed impeccabilmente ripulisce la sapidità e la struttura importante quasi senza lasciare traccia, facendoti davvero dimenticare di quanta grazia ti è passata tra le fauci l'attimo prima. Croce e delizia questo effetto, se vogliamo, ma sicuramente funzionante sulla facilità di beva nonchè sull'impressione riguardo all'architettura di questa birra.
Fra le tre, quella che più mi ha impressionato ed emozionato (qui è il caso di dirlo!) è stata la BB evò, perchè unisce alcuni tratti di spessore delle culture anglosassone e belga a quelli della più sapiente ed attenta creatività italica.
Parlare di birre così complesse richiede davvero un bello sforzo di concentrazione: tutto in esse risulta al posto giusto, senza smagliature o spigoli e senza il minimo graffio. Questo rischia talvolta anche di spingere ad avvertirle come divine, oniriche e non di questo mondo, ma evidentemente è il rischio che Perra vuole correre per esprimere al meglio lo studio e la dedizione verso birre così complesse,. Qui oltre alla difficoltà della realizzazione di birre importanti si aggiunge la padronanza sulla variabile "sapa", sicuramente non facile da bilanciare con gli altri ingredienti e contemporaneamente esaltare come tratto distintivo.
E' d'obbligo lasciare qui anche le schede tratte dal compianto blog Inbirrerya di Alberto Laschi riguardo a BB 9, BB 10 e BB evò, (più) complete e (più) esaustive.
Grandi complimenti a Nicola Perra, sperando di vedere molto più spesso le sue birre sul palcoscenico italiano ed internazionale che si riserva alle migliori birre, dove sicuramente raccoglierebbero meritati consensi ed acclamazione.
Ultimo contributo: queste interviste video (1a e 2a parte) realizzate da Mondobirra.org allo stesso Nicola Perra, datate 2009.
Cheers!
Se questo vale per le birre base della gamma del Birrificio Barley, figuriamoci se il discorso non viene enfatizzato quando ci si sposta sulla linea "BB" che vede in tre birre l'aggiunta di speciali sape (mosti cotti) di diverse uve.
A mio parere questa scarsa reperibilità può anche essere controproducente per il birrificio di Nicola Perra, dato che meno si trova in giro la sua birra e meno se ne parla, e così via. Ma questo è un altro discorso.
Avevo avuto modo una volta di cimentarmi nell'assaggio di un paio di queste, oltre che ad affrontare diverse birre base dello stesso Barley.
Ma l'occasione rende l'uomo ladro, e così quando me le sono trovate nuovamente di fronte (presso il Birrarium di Acquaviva), non ho saputo rinunciare a passarle in rassegna nuovamente, ma stavolta affrontandole tutte e tre.
Comincio linkando, prima di tutto, qualche informazione in più sulla sapa e su come si ottiene, che non è altro che mosto di vino sottoposto a lunghissima bollitura appena dopo la raccolta.
Parto dalla BB evò, birra di 10%alc. in cui è stata utilizzata la sapa di uve Nasco, vitigno sardo in via di estinzione. La birra si sviluppa sulla base di un Barley Wine, ma è tutt'altro che anglosassone nel sangue.
Al naso emergono netti profumi luppolati un po' dolci insieme a note terrose e fruttate che richiamano un po' a birre belghe di spessore. Quando questa bevanda invade la bocca si sprigiona tutta una serie di sensazioni sempre a cavallo tra la complessità di frutta matura e frutta secca, insieme al calore della boccata, alla pienezza del corpo e alla pericolosa secchezza finale. Lo smarrimento di fronte alla complessità fatta snella è tanta, e si susseguono in serie diverse sensazioni: prugna, ciliege sotto spirito, melassa in un turbolento mix di gusti orchestrato alla perfezione e ripreso da un leggero amaro caldo finale, etilico e distensivo.
Non trovo parole sufficientemente esaustive per parlarne ancora dato che avevo deciso di lasciarmi prendere concedendomela a fine serata, così come questa birra richiederebbe di essere gustata, tralasciando per un po' la ratio ed abbandonandomi sensualmente alla grazia calda e rotonda che sprigionava.
Ho trovato comunque davvero eccellente il carattere iniziale luppolato e l'equilibrio tra toni inglesi spigolosi, le dolci caratteristiche belghe evidentemente conferite dal lievito e la vinosa rotondità fruttata e spiritosa della sapa di uve Nasco.
Per un capolavoro che va, un altro che viene. La sera successiva è stata la volta della BB 10, dalla gradazione di 10%alc. e che sul sito ufficiale è riportata come Imperial Stout. Premetto subito il mio disaccordo con questa classificazione perchè sono diversi i tratti mancanti rispetto a questo stile, in primis riguardo ai tostati. Qui la sapa utilizzata è quella delle uve Cannonau, il vitigno forse più noto delle terre sarde.
Assaporata a temperatura davvero alta (credo sui 18°C), si sprigiona al naso subito un vinoso evidente, che col tempo vira verso chiare note di frutti rossi, in particolare frutti di bosco come ribes e mora. In bocca il corpo è medio, non troppo viscoso come mi sarei aspettato, ed il tutto è accompagnato anche qui da un netto vinoso dolce tendente ancora verso confetture di frutti rossi, uva passa, datteri, zucchero candito e glasse, fin quasi a toccare i complessi ricordi balsamici e forti della sansa di olive nere (salmastro escluso).
In bocca le capriole sono davvero mirabolanti, anche se come anticipavo è l'impianto tostato e torrefatto che viene a mancare rispetto alle attese. Può essere semplicemente la mia aspettativa o la nostra abitudine nel trovare questi sentori in birre scure a spingerci a cercarli e quasi a pretenderli, ma in realtà ce li vedrei davvero bene a contornare la coda del retrogusto per spingere questa birra ancora più in cima dal punto di vista tecnico. Poco male, il livello che si tocca è sicuramente altissimo.
Il trittico si chiude con un'altra grande dimostrazione di forza del sapiente Perra. Si tratta della BB 9, una sorta di Belgian Speciality Ale (a mio parere...dato che sul sito si presenta come Strong Ale) da 9%alc. realizzata con sapa di uve Malvasia. Al primo assaggio arriva subito la conferma (rispetto ad una versione maturata per più tempo ed assaggiata qualche mese fa) di quanto fosse ricca e possente.
Al naso, a questo giro, è l'esotico che viene fuori, probabilmente apportato da qualche luppolo come il celebre Nelson Sauvin, che potrebbe essere proprio il neozelandese anonimamente annunciato tra gli ingredienti e che si lega ad una sensazione fruttata, anche qui sviluppata chiaramente da lieviti di stampo belga. In bocca la complessità si sviluppa sia sulla dimensione delle dolcezze che su quella dei fruttati, nonchè sul livello vinoso evolvendosi ed intrecciando i diversi ambiti in una pazzesca treccia gustativa dalle sensazioni strabilianti. Sembra fin troppo perfetta questa birra e lo si avverte anche dalla chiusura, con un leggero amaro silenzioso che velocemente ed impeccabilmente ripulisce la sapidità e la struttura importante quasi senza lasciare traccia, facendoti davvero dimenticare di quanta grazia ti è passata tra le fauci l'attimo prima. Croce e delizia questo effetto, se vogliamo, ma sicuramente funzionante sulla facilità di beva nonchè sull'impressione riguardo all'architettura di questa birra.
Fra le tre, quella che più mi ha impressionato ed emozionato (qui è il caso di dirlo!) è stata la BB evò, perchè unisce alcuni tratti di spessore delle culture anglosassone e belga a quelli della più sapiente ed attenta creatività italica.
Parlare di birre così complesse richiede davvero un bello sforzo di concentrazione: tutto in esse risulta al posto giusto, senza smagliature o spigoli e senza il minimo graffio. Questo rischia talvolta anche di spingere ad avvertirle come divine, oniriche e non di questo mondo, ma evidentemente è il rischio che Perra vuole correre per esprimere al meglio lo studio e la dedizione verso birre così complesse,. Qui oltre alla difficoltà della realizzazione di birre importanti si aggiunge la padronanza sulla variabile "sapa", sicuramente non facile da bilanciare con gli altri ingredienti e contemporaneamente esaltare come tratto distintivo.
E' d'obbligo lasciare qui anche le schede tratte dal compianto blog Inbirrerya di Alberto Laschi riguardo a BB 9, BB 10 e BB evò, (più) complete e (più) esaustive.
Grandi complimenti a Nicola Perra, sperando di vedere molto più spesso le sue birre sul palcoscenico italiano ed internazionale che si riserva alle migliori birre, dove sicuramente raccoglierebbero meritati consensi ed acclamazione.
Ultimo contributo: queste interviste video (1a e 2a parte) realizzate da Mondobirra.org allo stesso Nicola Perra, datate 2009.
Cheers!
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