Qualche settimana fa abbiamo parlato di questa nuova ondata di produttori pugliesi, ben dieci da inizio anno.
Di sicuro ci sarà tempo per capire se e quali di questi potranno aspirare a diventare affermate realtà birrarie o se si tratta di progetti destinati a non fare faville.
Intanto voglio cominciare a farmi un'idea più precisa, ed è per questo che ho colto l'invito del birraio del birrificio Ebers, Michele Solimando, per incontrarci ed imparare qualcosa in più della sua nuova avventura.
Il birrificio è situato a Foggia e vanta una sala cottura da 12hl, ed è proprio Michele ad occuparsi della produzione e degli aspetti legati a ricette e materie prime (anche locali, con sperimentazioni che riguardano l'uso di antichi cereali del Tavoliere), dopo l'esperienza da homebrewer ed i corsi di Degustazione della Doemens Academy e del CERB.
Dalla chiacchierata mi sembra che Michele sa assolutamente quello che fa, e benchè questa affermazione possa suonare strana e quasi oltraggiosa, ci tengo a dire che non è molto frequente ritrovarsi di questi tempi con qualcuno che non dimentica i nomi delle materie prime che utilizza (non vado interrogando i birrai...ma quando, parlando di una birra, non ci si ricorda cosa si è usato, mi viene da pensare che sia un software il vero birraio): ha senz'altro una idea chiara delle birre e degli stili che vuole produrre.
La sua produzione è partita in primavera ed al momento conta tre birre sul mercato i cui nomi non sono altro che quelli degli stessi stili di riferimento: Belgian Blond Ale, American Pale Ale, Blanche.
Nulla di più semplice ed immediato per un pubblico già smaliziato, ma niente di così complicato neppure per chi per la prima volta dovesse approcciarsi a questi vocaboli.
Delle tre, Michele me ne ha gentilmente donate due, che con calma ho stappato, bevuto e gustato.
Parto dalla Belgian Blond Ale, birra da 5,7%alc. e 25 IBU, di cui compare anche il valore in Lovibond (7) del colore, dato che credo di non aver mai visto su etichette italiane.
Nel bicchiere la birra si presenta con una schiuma bianca mediamente persistente, mentre la grana delle bolle è media. Il colore è decisamente dorato e presenta una torbidità visibile che dona qualche riflesso di ambra, nonostante rientri ancora nei ranghi dello stile.
Al naso volano con una intensità media i primi aromi: crosta di pane e miele su tutti, poi anche fieno e sbuffi dolci di frutta a polpa gialla, pesca, con una punta molto sottile di fenolico.
Il gusto vede mantenute le promesse dell'olfatto, ancora con caratteri di frutta a polpa gialla su un fondo maltato che rimanda a miele, pane, cereali.
La parte maltata sembra quella che domina la birra, contribuendo anche a generare una sensazione di pienezza di corpo, scorrevole sì ma leggermente impossibilitato a sfuggire con una certa velocità.
Quello di cui un po' si sente la mancanza è sia un contrappeso di luppolo (sono utilizzati il First Gold ed il Cascade) e di amaro, sia una certa secchezza, che non trova spazio in una dolcezza residua, mielosa e fruttata ma mai stucchevole.
Di sicuro è un buonissimo prodotto, che potrebbe diventare ancora più intrigante con una coda leggermente luppolata ed asciutta. Questo non toglie la piacevolezza delle sensazioni maltate e fruttate, che si sicuro hanno un più vasto consenso tra i gusti del bevitore medio di birra di qualità, nè deve influenzare il giudizio sullo stile e sulla sua riproduzione, decisamente centrato con buoni voti.
Cambiando genere, passo alla American Pale Ale, birra di 6,7%alc., 35 IBU e da un colore ambrato quantificato in 14 Lovibond.
La luppolatura qui è realizzata con Columbus in amaro, mentre Citra e Cascade vanno a finire a fine bollitura ed in dry hopping.
Appare con un bel cappello di schiuma bianco e cremoso, abbastanza compatto con bolle a grana media, mentre la birra assume un colore ambrato con decise sfumature ramate e lucenti, complice un aspetto molto limpido.
I primi aromi che avverto sono agrumati, con mandarino ed arancia rossa su tutti, completati da un sottofondo di malti caramello a dare un flash di mela caramellata ma anche di litchi. Si intravede una coda pinosa e pungente, che fa intuire una gasatura spinta.
Questa carbonazione, infatti, si ritrova subito in bocca e vivacizza tutte queste percezioni luppolate. C'è ancora questa freschezza agrumata (nonostante questa birra abbia 5 mesi sulle spalle), ingentilita giusto un po' dal lieve contributo dei malti caramello e dai mesi di maturazione. Masticandola, vengono fuori ancora fragranze da olii essenziali ed una punta di tostato.
Il finale è mediamente lungo, la birra risulta alquanto appagante per la pulizia e la morsa non eccessivamente amara, nonostante non ci sia grande secchezza di fondo.
Che sia APA o IPA non è facile dirlo, anche se (e lo dico un po' scoraggiato) il mercato dei consumatori tipo poco si sofferma su questa distinzione, ponendo attenzione semplicemente su amaro, bilanciamento e bevibilità generale, che già è qualcosa.
Buona birra anche questa, insomma.
Per quanto riguarda la Blanche, per mia fortuna potrò rifarmi molto presto in occasione dell'evento Puglia in Fermento che si terrà ad Eataly Bari i prossimi 7-8-9 dicembre.
Per il momento posso dire di essere alquanto soddisfatto per queste due bevute e fiducioso sulle birre di Ebers, sperando aiutino a smuovere anche la scena della provincia foggiana che, tra quelle pugliesi, non è sembrata in questi anni esattamente tra le aree della regione e del meridione più assetate di birra di qualità.
In bocca al lupo ad Ebers!
Cheers!
Di sicuro ci sarà tempo per capire se e quali di questi potranno aspirare a diventare affermate realtà birrarie o se si tratta di progetti destinati a non fare faville.
Intanto voglio cominciare a farmi un'idea più precisa, ed è per questo che ho colto l'invito del birraio del birrificio Ebers, Michele Solimando, per incontrarci ed imparare qualcosa in più della sua nuova avventura.
Il birrificio è situato a Foggia e vanta una sala cottura da 12hl, ed è proprio Michele ad occuparsi della produzione e degli aspetti legati a ricette e materie prime (anche locali, con sperimentazioni che riguardano l'uso di antichi cereali del Tavoliere), dopo l'esperienza da homebrewer ed i corsi di Degustazione della Doemens Academy e del CERB.
Dalla chiacchierata mi sembra che Michele sa assolutamente quello che fa, e benchè questa affermazione possa suonare strana e quasi oltraggiosa, ci tengo a dire che non è molto frequente ritrovarsi di questi tempi con qualcuno che non dimentica i nomi delle materie prime che utilizza (non vado interrogando i birrai...ma quando, parlando di una birra, non ci si ricorda cosa si è usato, mi viene da pensare che sia un software il vero birraio): ha senz'altro una idea chiara delle birre e degli stili che vuole produrre.
La sua produzione è partita in primavera ed al momento conta tre birre sul mercato i cui nomi non sono altro che quelli degli stessi stili di riferimento: Belgian Blond Ale, American Pale Ale, Blanche.
Nulla di più semplice ed immediato per un pubblico già smaliziato, ma niente di così complicato neppure per chi per la prima volta dovesse approcciarsi a questi vocaboli.
Delle tre, Michele me ne ha gentilmente donate due, che con calma ho stappato, bevuto e gustato.
Parto dalla Belgian Blond Ale, birra da 5,7%alc. e 25 IBU, di cui compare anche il valore in Lovibond (7) del colore, dato che credo di non aver mai visto su etichette italiane.
Nel bicchiere la birra si presenta con una schiuma bianca mediamente persistente, mentre la grana delle bolle è media. Il colore è decisamente dorato e presenta una torbidità visibile che dona qualche riflesso di ambra, nonostante rientri ancora nei ranghi dello stile.
Al naso volano con una intensità media i primi aromi: crosta di pane e miele su tutti, poi anche fieno e sbuffi dolci di frutta a polpa gialla, pesca, con una punta molto sottile di fenolico.
Il gusto vede mantenute le promesse dell'olfatto, ancora con caratteri di frutta a polpa gialla su un fondo maltato che rimanda a miele, pane, cereali.
La parte maltata sembra quella che domina la birra, contribuendo anche a generare una sensazione di pienezza di corpo, scorrevole sì ma leggermente impossibilitato a sfuggire con una certa velocità.
Quello di cui un po' si sente la mancanza è sia un contrappeso di luppolo (sono utilizzati il First Gold ed il Cascade) e di amaro, sia una certa secchezza, che non trova spazio in una dolcezza residua, mielosa e fruttata ma mai stucchevole.
Di sicuro è un buonissimo prodotto, che potrebbe diventare ancora più intrigante con una coda leggermente luppolata ed asciutta. Questo non toglie la piacevolezza delle sensazioni maltate e fruttate, che si sicuro hanno un più vasto consenso tra i gusti del bevitore medio di birra di qualità, nè deve influenzare il giudizio sullo stile e sulla sua riproduzione, decisamente centrato con buoni voti.
Cambiando genere, passo alla American Pale Ale, birra di 6,7%alc., 35 IBU e da un colore ambrato quantificato in 14 Lovibond.
La luppolatura qui è realizzata con Columbus in amaro, mentre Citra e Cascade vanno a finire a fine bollitura ed in dry hopping.
Appare con un bel cappello di schiuma bianco e cremoso, abbastanza compatto con bolle a grana media, mentre la birra assume un colore ambrato con decise sfumature ramate e lucenti, complice un aspetto molto limpido.
I primi aromi che avverto sono agrumati, con mandarino ed arancia rossa su tutti, completati da un sottofondo di malti caramello a dare un flash di mela caramellata ma anche di litchi. Si intravede una coda pinosa e pungente, che fa intuire una gasatura spinta.
Questa carbonazione, infatti, si ritrova subito in bocca e vivacizza tutte queste percezioni luppolate. C'è ancora questa freschezza agrumata (nonostante questa birra abbia 5 mesi sulle spalle), ingentilita giusto un po' dal lieve contributo dei malti caramello e dai mesi di maturazione. Masticandola, vengono fuori ancora fragranze da olii essenziali ed una punta di tostato.
Il finale è mediamente lungo, la birra risulta alquanto appagante per la pulizia e la morsa non eccessivamente amara, nonostante non ci sia grande secchezza di fondo.
Che sia APA o IPA non è facile dirlo, anche se (e lo dico un po' scoraggiato) il mercato dei consumatori tipo poco si sofferma su questa distinzione, ponendo attenzione semplicemente su amaro, bilanciamento e bevibilità generale, che già è qualcosa.
Buona birra anche questa, insomma.
Per quanto riguarda la Blanche, per mia fortuna potrò rifarmi molto presto in occasione dell'evento Puglia in Fermento che si terrà ad Eataly Bari i prossimi 7-8-9 dicembre.
Per il momento posso dire di essere alquanto soddisfatto per queste due bevute e fiducioso sulle birre di Ebers, sperando aiutino a smuovere anche la scena della provincia foggiana che, tra quelle pugliesi, non è sembrata in questi anni esattamente tra le aree della regione e del meridione più assetate di birra di qualità.
In bocca al lupo ad Ebers!
Cheers!
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